Da Paolo a Paolo: le immagini nei primi secoli del cristianesimo

 

La prospettiva da cui muovono questi saggi non coincide esattamente con quella più diffusa tra gli storici dell’arte tardo antica e gli studiosi di archeologia cristiana. Se in quell’ambito, infatti, sotto l’influenza più o meno diretta della tradizione estetologica, si è usi guardare ai primi manufatti figurativi riconducibili alla fede cristiana perlopiù come a una sorta di apprendistato artistico, che vedrà compiuta realizzazione del proprio Kunstwollen solo nei primi decenni del V, cioè in epoca bizantina, qui la questione è posta in altri termini. Nella prospettiva qui offerta si ritiene, invece, che tale periodo di due secoli in cui videro la luce affreschi, mosaici e sculture presenti, prima della svolta costantiniana dell’impero, solo nei coemiteria e nelle domus ecclesiae, abbia costituito un’epoca a se stante, non spiegabile con le categorie provenienti dall’ambito degli studi di iconografia bizantina. Abbia, cioè, costituito un’epoca caratterizzata certamente da una novitas, da una svolta effettiva e decisiva realizzata dalla fede cristiana rispetto al precedente periodo aniconico, durato anch’esso ben due secoli e segnato, sotto questo come sotto altri punti di vista, dall’equiparazione con la religione giudaica, che, nella fattispecie, interdiceva la produzione e l’uso delle immagini in nome del rispetto del comandamento della Legge riportato in numerosi passi veterotestamentari. Ma una novitas che non può essere tuttavia spiegata, come spesso è stato fatto, semplicemente nei termini di un passaggio di consegne: quello che si sarebbe verificato all’interno di una cultura cristiana prima legata a doppio filo con l’ebraismo e la sua religione e poi, una volta oltrepassati i confini palestinesi, consegnatasi ai valori e alle pratiche del mondo ellenistico-romano.

 

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